l'asceta e la fanciulla




 
ti sei rinchiuso nel castello di cristallo,
ho infranto le ali, abbagliata da riflessi,
avrei rinunciato all’aria, per dar respiro a te
 
 
hai sprangate porte e finestre,
ho attraversato accessi segreti
sconosciuti a tutti e sono arrivata a te
 
 
hai bendato i tuoi occhi,
non  servono sguardi per scorgermi
come il “principe” sai vedere con il cuore
 
 
hai legato le mani dietro la schiena,
mentre braccia imploranti si stringono
al petto, celando cicatrici di spine
 
 
hai inutilmente tappato le orecchie,
ti raggiunge la voce del cuore, in canto
di melodie per consolare le nostre anime
 
 
nella torre più alta, triste prigioniero,
hai chiuso occhi e orecchie, legate le mani
e accettato in silenzio … le mie torture


nel giardino che nessuno sa



Ti chiedi mai dove sono finiti la Fanciulla e il Giardiniere?
Io me lo chiedo spesso...
E da qualche giorno ho questa immagine negli occhi.
Lui ha abbandonato il giardino assorbito dalle attività dell'Asceta che è imprigionato da mille affanni  che lo consumano.
Lei si è vestita da giardiniere e si sta occupando di un sacco di  cose, ha un giardino tutto suo che è il suo rifugio.
Sono tutti e due occupatissimi.
Lei pensa spesso a Lui.
Prima di decidere di occuparsi del giardino ha vagato in tanti luoghi scuri, brutti e polverosi, rattristandosi e sporcandosi solo per farsi male, cercando invano risposte a domande impossibili, urlando ai sordi il suo tormento, torturandosi per la tristezza profonda del  giardiniere vestito da asceta.
Dopo tanti giorni tristi, dopo tanti giorni dolorosi, dopo tanti giorni di sbandamento, dopo tanti giorni sola,  infinitamente sola, una mattina un Raggio di Sole, l'ha condotta al cancello di un giardino e lei ha capito:
Inutile cercare di trovare un posto dove incontrare il  Giardiniere,  è lì il loro posto, in giardino!
Inutile affannarsi a cercare il tempo , il tempo è dentro di loro.
Inutile tentare di raggiungere il Giardiniere imprigionato dal triste Asceta
Inutile cercare di sporcare tutto, le perle anche se infangate rimangono perle, ed è così che lei considera i momenti assaporati con il Giardiniere, sia quelli veri che quelli sognati, non c’è differenza perché vissuti tutti con il cuore aperto con purezza, sincerità  e dolcezza infiniti.  
Inutile distruggere i fiori che crescono,  ci sono boccioli ovunque, è primavera!
Inutile cercare di cancellare la felicità, la trepidazione, la gioia, la sorpresa costante dei giorni trascorsi gustandosi parole che viaggiavano ovunque.
E' di quei “giorni” che lei si sta occupando e sono come tanti semi.
La fanciulla, appena ha un attimo di tempo, li sta seminando  nel giardino in attesa della fioritura, non sa cosa nascerà, l’importante è curarli perché così facendo cura il suo cuore e si stente utile a qualcuno.
Quando esce dal giardino dona sorrisi a chi incontra, o almeno ci prova, fa il possibile perché si è odiata i giorni del buio, quando scontrosa e chiusa in se stessa odiava il mondo.
Quando esce dal giardino è rigenerata e questa è la sua forza, ora guarda le persone con occhi nuovi , non è più la stessa non potrebbe più tornare come prima.
Il giardiniere le ha dato nuova linfa, l’ha spinta verso nuovi orizzonti e credendo in lei,  l’ha valorizzata.
Lei si sente una persona vestita a nuovo.
Va spesso nel giardino perché lì può, curando ogni filo d’erba, accarezzando i nuovi germogli,  annusando nuovi profumi, scavare in se stessa con calma e serenità.
Sta cercando una nuova strada sta cercando di riordinare tutto, dal suo risveglio tante cose si sono spostate è disorientata, ma fa parte della sua nuova -professione-
Quando esce dal giardino è piena di buoni propositi, che spesso mantiene.
Quando rientra in giardino è perché si sente scoppiare, perché sente le lacrime tornare, perché sente la tristezza prendere il sopravvento, perché sente il desiderio di tornare, il desiderio di un po’ di felicità.
Rientra quando si sente sperduta nelle strade di tutti i giorni,
Rientra quando sente ritornare con l’eco  i richiami che manda al giardiniere, è sempre e solo la sua voce che sente, sono sempre e solo le sue parole quelle pronunciate.
Lui è la fuori, ma lei non sa più dov’è, non sa più dov’è lei.
Non sa che fanciulla sarebbe accanto al giardiniere, ma ha smesso di chiederselo.







all'anima mia





 
 
non chiudere gli occhi ora
ricorda, è come quando aneli
quel sospirato tuffo in acqua
e non vuoi perderti il brivido

non immergiti nel sonno
nuda o vestita lo sai,
il più bello dei sogni
è quello che fai ad occhi aperti
 
non inseguire pensieri polverosi
ed inesplorati, che ti conducono
nel paese della memoria
E lentamente all’oblio di te
 
abbandonati nell’arco di braccia
che si aprono, con forza ti accolgono
non chiedono nulla in cambio
se non di essere lì, attorno a te
 
e quando infine ti addormenterai
il calore della “sera” ti scalderà
nella notte fino al nuovo mattino
non aver paura, anima mia
 
domani è domani
e noi… siamo tornate a casa

ombre d'anime in chat

 


chissà quante colline, monti, acqua, tra noi
come possiamo sentirci così vicini

non ho mai ascoltato la tua voce
perché talvolta odo vibrare la tua pelle 

immagino i lineamenti del tuo viso
sai che mi accorgo quando sorridi 
 
sono rapita quando pronunci il mio nome
vorrei vederlo fiorire sulle labbra 
 
da aspirante poeta infilo collane di parole
le rubi assetato, cleptomane, sei mio ostaggio 

io malata d’amore ricerco medicine
tu dottore pianista, per me suoni quel vecchio pc 

quando straccio a brandelli ciò che resta di me
sai convincermi, riprendo ago e filo e mi ricucio 

assetata di lacrime vorrei navigare sconsolata
poi sorrido con te, dolce, che fai l’imbranato 

così smetto di rincorrere tristi pensieri
e gioco a spiegarti come annodare la  sciarpa 
 
rimani nella testa, senza far rumore
mentre sbricioli il tuo spirito senza pretesa o paura 
 
il giorno non ci appartiene, siamo ombre nella notte
le dita sfidano spazio e  tempo, le mani parlano
 
noi… due soli che giocano a rendere eterni momenti unici
togliendoci la maschera, noi... nudi nella notte 
 
 
 
 
 

domenica


 

Stamattina nel mio solito giro lungo il ruscello ho incontrato un po’ di gente, salve  salve” un sorriso, un cenno e avanti...



Arrivo poi nei pressi della fonte, un tizio sta riponendo nel bagagliaio della macchina l’attrezzatura da fotografo.

Non resisto e gli chiedo “cosa ha fotografato ? fiori ?”

E lui mi risponde timido “… no, no, acqua, solo acqua, acqua in movimento” e nel dirlo un sorriso illumina il suo volto per un istante velocissimo,  ma la confessione a una curiosa sconosciuta di questa sua “passione” lo fa richiudere.

Vorrei fargli mille domande, mi piacerebbe vedere le foto, ma rispetto la sua timidezza e ringraziandolo mi allontano.
Ma le sue parole, la sua confessione mi seguono.

Fotografie di Acqua in movimento …
La fotografia è l’emblema dell’immobilità:
Acqua in movimento ferma, bloccata in un’immagine.


Sembra come quando ricerchi una parola, una frase per fermare, cogliere un’emozione, e nel rileggerla vorresti che ti riportasse a quell’attimo fuggente.
Se per caso la “regali” il dubbio che non trasporti esattamente l’atmosfera in cui è nata ti insegue.
Una volta un amico nel leggere delle mie “parole” che volevano racchiudere un attimo indimenticabile mi disse una parola: “Ambra”
Per un attimo rimasi ferma, basita, in subbuglio, allora  lui mi spiega, l’ambra racchiude per sempre immutato ciò che cattura, allora ho capito… forse c’ero riuscita…
“Parole” racchiuse nell’ambra possono trasportare l’emozione immutata … sia essa gioia dolore tristezza o amore!



… Fotografie di acqua in movimento
… Emozioni intrappolate nell’ambra
... Poesie 

 

 

aspettando primavera




folate di immutate emozioni
nel vortice dei soliti affanni,
il verde schiarisce nel giallo,
il giallo danza col rosso,
il rosso tinge d’oro
la pioggia tra i viali
 
mutano gli umori, riflessi
in una pozzanghera, mentre
ripenso alla foglia immobile,
scampata alla burrasca,
accovacciata sul mio balcone
e… mi rivesto d’autunno







quante volte?


Quante volte ho iniziato nella mente questo scritto, non lo so più.
Ho abbozzato migliaia di discorsi seri o divertenti. Ho iniziato mille e mille conversazioni, ma cosa importa ora.
Ora che mi sono decisa a provare a mettere in fila le parole, in realtà, non so bene da che parte cominciare.
Sembra che in fondo non sia cambiato niente.
Io qui davanti al computer, le dita che sfiorano la tastiera, e forse domani tu che sfiori le stesse parole con gli occhi, davanti al tuo pc, “le mie dita che sfiorano i tuoi occhi” (me lo devo ricordare!), e invece…
E invece il vento è passato tra di noi e il tempo sta facendo di tutto, di più, per cementare le situazioni.
Come stai ?
Come vivi ?
C’è qualcuno che ti domanda come stai ?
Il tempo ci ha proprio perduto ?
… domande orfane senza risposte

Quante volte ho pensato di lasciar andare quel palloncino “lascialo volare si sgonfierà da solo e cadrà lontano da te, e tutto tornerà al suo posto!”
Quando sono “saggia”, lo lascio andare, ma ha un filo così lungo.
Quando penso che sia volato via, alzo gli occhi al cielo e lo scorgo, faccio una corsa a perdifiato e lo riacciuffo, che bello,  faccio ancora un poco di strada con lui.
Amo la sua compagnia.

Quante volte non mi hai riposto. Quante?
Una persona “normale” avrebbe odiato quel silenzio... “quel silenzio che non so far stare zitto!”
Io, sono sincera, non l’ho mai fatto.
Non perché sono “speciale”, ma perché non ne sono capace, non mi hanno insegnato l’odio.
Ho sempre preso la delusione che accompagnava i  silenzi  (sapessi a volte che male fa), e l’ho sempre trasformata in energia, me l’hai insegnato tu…
E ne è sempre uscito qualcosa di buono.
E anche se in questo momento mi scendono ancora lacrime e si riaprono le ferite, so che non ho fatto male a nessuno, o almeno spero.
A volte invece penso che ho fatto tanto male, con tutto questo mio vagare, ne ho fatto sia a me che a te.
A me perché non so accettare quella che sono. A te che ho torturato mostrando a tutti i costi una Rosa che non c’è.
Mi avevi chiesto di lasciarti sereno, che avevi bisogno di ricostruire un pezzo del tuo cammino per imprimere buoni insegnamenti… 
Non ne sono stata capace.
Ti chiedo perdono con tutta me stessa.

Quante volte ti ho dedicato parole e discorsi per farmi compagnia.
Che imbarazzo, che sofferenza ti ho dato...
Hai pagato cara la “debolezza” di avermi...  spinta a scrivere.
Ma nel mio cuore so che ti ho dedicato il meglio di me, o almeno questo era quello che volevo dal profondo della mia anima.

Quante volte mi dispiace di averti coinvolto in questo mio viaggio alla ricerca di me stessa, mi dispiace perché sono stata una spina nel fianco, come se non avessi già abbastanza…
Hai pensato che con delle parole là in piedi, per strada, vicino alla mia macchina, mentre il sole mi accarezzava con i suoi raggi di settembre, avrei saputo fermare tutto.
Ci ho provato tante volte sai, ci ho provato per te, anche se ora sono qui, a guardare i miei insuccessi.

Quante volte ho pensato di amarti.
Un amore infelice senza occasioni.
Buffo, nudo e scalzo in attesa del tuffo.
Un triste pagliaccio alla ricerca della risata del pubblico.
Un amore dipinto ad acquarelli, in un dolce paesaggio, una tela nascosta in una cassaforte.
Grande sconosciuto inutile Tesoro.
Stracci di parole lo tengono in vita, parole sussurrate da labbra di ghiaccio, mai una risposta, mai un abbraccio, mai una carezza lo alimentano…

Quante volte mi sono arresa accorgendomi della realtà. Io innamorata dell’amore. Non c’è teatro dove rappresentare lo spettacolo del mio Amore. Non ci sono attori, ci sono solo comparse in una vita che a volte pare non mi appartenermi più.
Tu sei comparso nella mia strada, non so bene cosa sia successo, forse non hai fatto altro che porgermi uno specchio e io mi sono vista per quello che ero. E oggi non so più distinguere la linea di confine tra amore e bisogno d’amore.
Ho fermato le lancette dell’orologio e ho incatenato alla mia anima.

Quante volte cerco di immaginarmi il tuo volto, le tue mani…

Quante volte mi domando “ma cosa vuoi da lui?” non lo so, non lo so più. Forse ora avrei davvero bisogno di parlare con te, per vedere quanto tu sia distante da quello che il mio cuore la mia mente hanno cullato per così tanto tempo.
A volte mi convinco che infondo un po’ me lo “devi” o me lo “merito”…
Altre invece cerco di convincermi che non sei mai esistito.

 

verde e blu


Siamo sempre più distanti, il tempo sta proprio facendo il suo lavoro e sta sbiadendo qualsiasi contorno.
Prendo a volte un carboncino e ripasso i contorni, forse per abitudine, a volte tristemente senza trovare il senso, a volte con l’allegria di un pensiero lieto che mi fa sentir leggera, anche se solo per un lieve istante.
La nebbia è salita e ha lasciato tutto così chiaro, così ben distinto, così limpido che la realtà mi colpisce, come uno schiaffo in pieno viso.
Non c’è nulla da ripassare, lo so. 

Ho costruito una “storia” con mille tessere di me, come un grande puzzle e le ho sparse sulla Tua strada.
Le hai raccolte ad una ad una, e hai fatto il quadro di me.
E l’hai appeso nella stanza più segreta del Tuo cuore, o così spero...
Qualche volta vai a fargli visita e l'osservi, prima da lontano, poi da vicino, ma mai troppo vicino...
Guardi e sfiori con gli occhi le sue sfumature i suoi tratti evidenti o solo accennati.
Ma non ti concedi mai di lasciarti trasportare in quel prato.
Ti concedi solo qualche “occhiatina”...
Mi piace questa idea di te assorto che mi pensi, che osservi questo puzzle imperfetto, incompleto, con le sue lacune i suoi frammenti.
Ti vedo sapiente Asceta mentre lo componi e completi anche i pezzi mancanti...
Mi piace l’idea di essere un prato...

Il tuo puzzle  è fatto da così poche tessere.
La maggior parte le ho dipinte e pennellate senza riscontri, se non nel mio “sentirti”
Tu sei cielo e nuvole in movimento perenne
Tu indefinito e perfetto come può essere un sogno, come lo è il sogno di volare tra le nuvole e poi nel sole...
Il tuo puzzle è fatto da così poche tessere... ahimè le ho rubate, carpite a forza (ma non troppo) e l’ho appeso nella stanza più accogliente del mio cuore
Ho poche tessere, ma sono più luminose di diamanti in un cielo di velluto nero.
Sono stelle radiose in questo paesaggio di me e te
E tremano e pulsano e vivono in me

Io prato... Tu cielo
Io verde... Tu blu
Io riarsa da mille giorni... Tu pioggia attesa

dolcemente ti bacerò




 

 
adagiata in un tiepido prato
pensieri capricciosi s'ingarbugliano,
nuvole di panna montata si rincorrono
primavera di fiori riversa i sensi,
chiude gli occhi inseguendo una lieta canzone
 
un leggero profumo di gelsomino
annuncia un uomo silenzioso,
sarà il giardiniere o l’asceta
a lei non importa, lascia correre il vento
che la scombina, senza aprire gli occhi
 
le raccoglie i capelli tra le mani
avvicina le labbra alla fronte
tace, non la tocca, non la sfiora
ora le labbra lambiscono le tempie
lentamente raggiungono la sua bocca
 
non apre gli umidi occhi, domandandosi invano
perché non si lascia tentare da quel bacio
avverte il calore della pelle
altro contatto non c’è, solo la sua mano tra i capelli
e libere lacrime, specchi di anime in volo
 
in uno scorcio d’inverno il giardiniere
le regalò quel sogno sfuggente
poi, perdonandosi le promesse
se ne andò,
asceta per sempre
 
lei lo accolse in grembo
 lo ricamò, giorno dopo giorno
in coltri soffici per sopravvivere all’eterno inverno
seppellendo tra i ghiacci
il suo essere fanciulla
 
 

così



così lontana,
distante dal buon senso
discosta e divisa tra ragione e contraddizione
 
così infreddolita,
dentro questi infuocati pensieri,
mentre scricchiolano respiri, mangiati dal vento
 
così uggiosa
asciugo lacrime su assetati sentieri,
e piego i giorni dentro la prigione della memoria
 
è così…
a volte il cuore  è così …
a volte il cuore è così pieno, di vuoto… che fa male

amo certe mattine





Amo certe mattine…
mattine grigie, di novembre
intonate all’umore del mondo
Ti senti così a posto
magari un po’ triste,
ma in sintonia…
con le foglie scricchiolanti
le incertezze nei contorni
e i capricci di lane colorate
Amo certe mattine di novembre,
quando spingo un buongiorno
a migrare verso est
incontro ad un tiepido, bianco sole

mono-tono





 
un nodo in gola
stringe i giorni che cadono
tra rinsecchiti silenzi
e ammutolite parole
 
scivolo con la pioggia
fino alla buia gronda,
anche la voce se ne va,
rubata dal vento,
 
l’ombra si confonde
sull’agonia di foglie,
sfumature di me sullo sfondo
di uno sterile giro d’autunno



risposta non c'è, o forse chi lo sa?




dicono che arriva il freddo,
guardo gli alberi ancora verdi
colmi di foglie, e le rose di ottobre
colme del mio stupore
 
gomitoli di lana calda
mi avvolgono, ma senza urgenza,
dove finirà il verde delle foglie
e il rosa delle rose nei giorni d’inverno?
 
le nuvole si son mangiate
il cielo e le cime delle montagne
e così la pioggia trascina tutto giù
nelle griglie, nei tombini… giù
 
chissà dove finiscono i pensieri felici
nei giorni di pioggia, forse sbiadiscono 
solo un po’ e con il broncio nella nebbia, 
se ne vanno dietro note di malinconia
                                                                        
 
(il titolo si ispira alla canzone di Bob Dylan    “Blowin’ in the win” del 1962)

Turnà 'ndrè (per la me Rosa)




Corer corer derè de 'n nigol culrat
e po' corer amò fina a lahà 'ndre 'l fiàt

Ma te haret mia straca, dam lè tò mà
nom aànti amò 'n po, a corer e a giugà

Fom amò 'n giro tondo come i gnari picinì
e gira e gira e gira el co che quasi 'n burla zo

Quando hirem a l'asilo, adeh che ghè penhe drè,
ghira la suora che la me usàa hemper drè

Che bèl harèh nà enhèma ola balingòta
rider, cantà shèrshà e penhà a negota

Tè hè regordet chèl mivalino chèl dopràa èl bubà,
el vignìa a l'asilo e toi du èl ghè portàa a cà

Anche le foie lè gira per le folade
le tò bele trehine iè tote dehpetenade

L'è pahada ala hvelta la pio bèla età
henha penher e henha penhà al domà

Ma eta la perduna quasi mai
adèh en hè grancc e quasi ècc ormai

Ma va be, la va be anche ihè hegotom a corer
enhà e lià... e apena per ènco.... lahèm pio nà


**********************

"Torna indietro" (per la mia Rosa)

Correre correre dietro a una nuvola colorata
e poi correre ancora e lasciare indietro il fiato

Ma non sari stanca, dammi le tue mani
andiamo avanti ancora a correre e a giocare

Facciamo un giro tondo come i bambini piccoli
e gira e gira e gira la testa che quasi cadiamo

Quando eravamo all'asilo adesso che ci penso
c'era la suora che sempre mi sgridava

Che bello sarebbe andare insieme sull'altalena
Ridere, cantare, scherzare e non pensare a niente

Ti ricordi quel mivalino che usava il papà,
veniva all'asilo e tutti e due ci portava a casa

Anche le foglie girano per le folate
le tue belle treccine sono tutte spettinate

E' passata alla svelta l'età più bella
senza pensieri e senza pensare al domani

Ma la vita non perdona quasi mai
adesso siamo grandi e quasi vecchi ormai

Ma va bene, va bene anche così continuiamo
a correre di qua e di là... e appena per oggi...
non lasciarmi più andare

(Paolo Zambonardi - 2007)

profumo di parole






ho dipinto con le parole
splendidi paesaggi
accordando i colori
ai moti dell’anima,
sorridente e persa
in chissà quali chimere
 
ho volato in questo
mondo senza confini,
denso di sfumature
e di profumi di ogni
angolo della terra
reale o immaginato
 
ti ho cercato nelle corse
a perdifiato del vivere,
nella gioia che lucida gli occhi,
nella nostalgia che dà sollievo
che straripa,  inonda,
disarma e appaga
 
e ora passeggio scalza,
il profumo del vento
mi accarezza
tu sei presente
intravedo i tuoi occhi
nei riflessi del sole
 
il sogno gioca con le onde
in uno stupendo abbraccio
sul filo dell’acqua,
l’anima si espande
tu sei ovunque,
tu sei qui con me
 

in un angolo di cielo



mi perdo nei cieli
mentre liscio il tempo
delle vacanze e rischio
di perdermi –ancora-
nel contorni sfumati da te
 

instancabili occhi rovistano,
inseguono forme e toni
inediti e incredibili
che non so più trovare,
ho perso i tuoi occhi
 

naufraga mi aggiro
tra nuvole e raggi silenti
accumulo e rilascio tutto
germogli, fiori, frutti e ombre
di giorni maturati, senza sole
 

sospesa mi guardo allontanarmi
lungo una linea sbiadita
sulla tela del tempo,
mi manchi, mi manco
dietro quale angolo di cielo sei?

 


la fotografia è mia, scattata dalla riva bresciana del lago di Garda.
 
 

riflessi di donna

 

cercavo uno specchio,
nulla faceva al caso mio
poi un baleno, mi ricordo,
in cantina forse…
 
non riesco a pulire
quella ragnatela del tempo,
i tarli incorniciano onde e ombre
che piano piano si rianimano 
 
mi scorgo riflessa
nel racconto di Donne
che prima di me si sono perse
e ritrovate nei tuoi abbagli
 
ci stropicciamo labbra,
ci proviamo un sorriso,
appoggiando un gioiello
per ornare il viso
 
specchio che da sempre
inquadri baleni di gioia,
di dolore, lacrime e amore,
in dolceamare storie di carezze
 
concedi anche a me
la pazienza, la saggezza
la soffice emozione
di giorni pettinati… uno alla volta




(dedicata alla mia suocera, che mi regalò lo specchio...... )



gira la giosta gira


 
 
“gira la giostra gira”
 
ci sono stati giorni in cui
impotente soffrivo per la tua confusione
e quelli in cui non riuscivo
nemmeno ad immaginare
l’afflizione che ti ammutoliva,
sai che non volevo graffiarti con la mia allegria
 
gira la giostra gira
 
ho temuto di ferirti  mille volte
quando pagliaccio inseguivo i tuoi rari sorrisi,
ho pianto ascoltando i tuoi silenzi
ho sparso briciole di me ovunque
pur di mostrarti la strada del mio cuore,
mi sono disperata cucendo un inutile addio
 
gira la giostra gira
quando ti sentivo assorto incapace di accogliermi
impotente di fronte alla catena dei giorni senza ritorno
cercavo di portati nel mio giardino
volevo donarti un sorso d’acqua
a tutti i costi, anche a costo di sparire per sempre
e ti ho perso, senza mai averti avuto
 
gira la giostra gira
oggi la giostra è girata
niente mi dà consolazione o pace
anch’io ho provato
la confusione totale
ho capito cosa sia lo sconforto
e mai come ora ti sento vicino

 
 
13/10/2008

Lei, Lui e il fiore

 
 
Lei stupita guarda in su,
quella bocca di leone,
chi può spiegarle come
fiorisce dal cemento?
chi nutre le sue radici?
 
Un fiore pare non aver
bisogno di nulla,
regala fiori e colori,
senza frenesia, senza urgenza
senza schemi ne progetti
 
Lui ha solo occhi per Lei
non sa vedere oltre il fiore,
non ne immagina il profumo
ha forse solo paura di perdersi
in un’emozione nuova




ispirata da Chiara, Fabio che guardavano una bocca di leone nata tra il cemento del balcone

la stella alpina e il marinaio

 
salutami il mare
e le sue onde...
ascolta la sua voce
che è come la nostra
viene da dentro,
si unisce al respiro
e poi canta,
lenta e leggera danza
il cantico delle anime sperdute,
raccontagli di noi
del profumo, delle spine, delle radici,
delle corse a rincorre i sogni...
la musica  arriverà fin quassù 
con l'ultimo raggio di sole
quello che bacia chi lo rimira,
e poi lascia in ombra le cime rosee

ma quanto è grande è il mondo?



 
distratta e stonata
quasi sempre assorta,
mi aggiro tra le gente
troppa gente
 
occhi capelli
nasi bocche
spalle schiene
gambe piedi
 
chissà dove sei?
dimentico spesso di sorridere,
chi ha spento la danza
e ammutolito la luce?
 
parlo con calore
a chi non ha orecchi
nutro della mia essenza
 chi non ha fame
 
affamata e muta
vivo l’assurdo dei giorni
e ruberei gli occhi
di chi ti passa accanto




nuvole e segatura



Solo chi ama la montagna
può capire la trepidazione
di preparare scarpe grosse
e maglioni caldi…
Porti solo l’essenziale in uno zaino

Lenta sale la strada,
ad ogni curva le case si fan rare
e le persone taciturne,
nell’attesa di quell’aria fresca,
che spazza frenesia e malumori

Non temere la polvere
nella “casa della misericordia”
sogni e fatica di mani appassionate
a lungo hanno inchiodato, levigato
e valorizzato travi e assi antiche

Ora gli occhi accarezzano i dettagli,
contagiati dalla stessa emozione…
rari profumi, vecchi sapori,
piccoli scorci annodati a preziosi ricordi,
rafforzano i rami, dell’albero Padre





“Casa della Misericordia” è l’antico nome della casa ristrutturata…


pedalate d'autunno




…e torni a casa,
fresca è la gota
che mi porgi
un sorriso da monello
appiccicato sul viso,
negli occhi baleni di luce,
mischiate a carezze per cani
amici in sintonia
 
hai pedalato con foga
alzando pozzanghere
e mulinelli di foglie secche,
o rallentato per non perderti
quello scorcio da dedicarmi
Ti amo,
dolce ragazzo
inseguito dall’autunno




essenza




… e senza
il dolce tormento di parole,
cullata da accordati silenzi
… nel mio cuore, fino alla fine
ti stringerò

conosco una ragazza


Conosco una ragazza
a cui non piacciono gli addii,
non stringerla forte
in quell'abbraccio
che è un arrivederci
che è un grazie,
che fa scorrere
le parole silenziose
di chi si vuol bene,
perché luciderai i suoi occhi
Conosco una ragazza
l'ho salutata da un'ora,
ma mi manca già
sorridi piccola
perché è così
che colori i miei pensieri


the black horse



corre il cavallo nero
corre instancabile,
senza sella e meta,
non aspettarlo, non cercarlo
sarà lui a trovare te…
 
corre il cavallo nero, oggi
ha in groppa una ragazza
bionda dagli occhi blu che ride,
serena ci sorride, forse
dovremmo dirti “Grazie” cavallo nero

l’hai strappata alle tristi paludi,
il dolore e il fango non hanno mai
spento il suo sorriso,
sporcato le sue mani,
o le sue bianche ali

corri cavallo nero, corri lassù
perché il suo abito bianco
possa colorare le nuvole del cielo,
il vento cantare il suo nome
e noi, “domani” asciugare gli occhi

Ciao Paola!
 
 
 
 

il ragazzo degli aquiloni





il bambino guarda sognando la fila di figure
che il vento sospinge e fa vibrare,
sono così belli, uno collegato all’altro
i loro colori illuminano la speranza,

grandi nuvole ignorano le due ombre,
poi i loro sguardi si incontrano,
ha occhi così neri e tristi
il ragazzo che vende gli aquiloni
 

con un cenno si salutano
tutto prosegue come prima,
vento, mare, sole, sabbia e… sale
ora son sei, gli occhi tristi sotto il cielo